Cosa sono Is Pardulas
Is Pardulas, dette anche formaggelle, sono tra i dolci tipici della tradizione ogliastrina, ripropongono sapori unici nella loro semplicità, accompagnano ricorrenze e feste.
Si preparano con ingredienti semplici: formaggio fresco, uova, limone, arancia, semola fine, zucchero e strutto.
Nella tradizione is pardulas vengono associate alla Pasqua, il motivo non è noto.
Certo è, che sono legate alla tradizione pastorale, il formaggio infatti veniva preparato dai pastori proprio nei mesi in cui ricorre la Pasqua e nella preparazione di questi dolci è indispensabile impiegare formaggio fresco di appena un giorno, non salato (chiamato casu 'e matula).
Vi proponiamo di seguito la nostra ricetta: unite al formaggio finemente grattugiato, la scorza del limone e dell'arancia, lo zucchero, le uova, e un po' di semola.
Impastate bene fino ad ottenere un composto perfettamente amalgamato. Separatamente, lavorate la semola con lo strutto, aggiungendo una quantità utile di acqua leggermente salata.
Stendete l'impasto cosi ottenuto formando una sfoglia sottile da cui si ricavano con uno stampo da 10 cm circa di diametro, i dischetti che andranno a contenere nelle giuste dosi, il composto precedentemente preparato.
Formerete dei cestini dalla caratteristica chiusura, effettuata rigorosamente a mano nei dischetti di sfoglia, "pizzicati", nelle estremità del cerchio con il pollice e l'indice fino a formare un disegno che ricordi un sole raggiante.
Disponete questi piccoli soli in una teglia precedentemente infarinata e mettete in forno fino a quando is pardulas sono ben dorate.
Su caxu si ottiene dall'ultima delle quattro cavità di cui è composto lo stomaco dei ruminanti, l'abomaso. Su caxu è un formaggio che ha origine nell'abomaso dei capretti lattanti che hanno al massimo 35 giorni di vita. E' di fondamentale importanza che l'animale sia stato nutrito solo con il latte materno perché su caxu del capretto che va al pascolo ha una composizione enzimatica completamente diversa e assumere una colorazione non consona al prodotto. Prima della macellazione, il capretto deve fare una lunga poppata in modo da riempire il più possibile l'abomaso di latte. In fase di macellazione l'abomaso viene separato dall'intestino e legato alle due estremità. Quando non contiene abbastanza latte, i pastori ne aggiungono di appena munto. Alcuni cospargono con sale fino l'esterno dell'abomaso, per renderne la membrana più resistente. L'abomaso viene messo ad asciugare in un luogo fresco e ventilato. Durante il periodo di asciugatura, si verifica un lento processo di coagulazione e disidratazione, per azione degli enzimi e dell'aria, che consente di ottenere un prodotto cremoso e dal gusto piccante. Il periodo migliore per la produzione del caxu è dicembre-gennaio, sia per quanto riguarda la temperatura sia per quanto riguarda la qualità del latte.
E' un formaggio salato che si ottiene dalla lavorazione del casu axedu.
Il formaggio fresco si lascia scolare dal siero per circa 24 ore su una tavola inclinata. In passato i pastori facevano asciugare il formaggio in su cannissu, ossia su delle canne legate tra loro e ricoperte di foglie di felce. Il formaggio si cosparge poi di sale fino, dopo due giorni si gira, si sala dall'altra parte e si lascia all'aria per alcuni giorni. Il casu 'e fitta si conserva per lungo tempo in salamoia in un contenitore di terra cotta coperto con un panno di cotone. Il casu 'e fitta viene impiegato come condimento per le minestre tradizionali.
Su casu axedu (noto anche come casu agèru o frue) è un formaggio fresco dal sapore acidulo che viene prodotto durante tutto l'anno con latte ovino o caprino.
Viene solitamente proposto come antipasto oppure per accompagnare le verdure.
La preparazione del casu axedu è semplice:
Ottimo per accompagnare freschi piatti estivi o semplicemente spalmato su pistoccu.
Il pecorino è il formaggio sardo più famoso e diffuso a livello nazionale ed internazionale.
I riconoscimenti per questo prodotto non si sono fatti attendere, infatti il 4 novembre 1991 ottiene il riconoscimento della Denominazione di Origine Tutelata, prima grande consacrazione di questo formaggio. Successivamente nel luglio 1996, (con Reg. Cee n.1263/96) il pecorino sardo ottiene la certificazione D.O.P., Denominazione di Origine Protetta. Tale Denominazione viene assegnata dall'Unione Europea solo ai prodotti tipici più rappresentativi le cui peculiarità sono strettamente ed indissolubilmente legate all'ambiente geografico di provenienza e che proprio per tale ragione sono unici ed inimitabili. In base alla disciplinare del marchio DOP vengono distinte due tipologie di pecorino per dimensione e caratteristiche organolettiche diverse: dolce e maturo. Il pecorino dolce è caratterizzato da un periodo di maturazione che si compie tra i 20 e 60 giorni. Ha una forma cilindrica a facce piane con scalzo diritto o leggermente convesso. La crosta è liscia e sottile, di colore bianco o paglierino tenue. La pasta è bianca, morbida, compatta e con rada occhiatura, dal sapore dolce-aromatico o leggermente acidulo. Il pecorino maturo si caratterizza per una stagionatura più lunga di almeno quattro mesi, che avviene in appositi locali dove temperatura e umidità sono costantemente controllate. Ha una forma cilindrica a facce piane con scalzo diritto. La crosta è liscia, consistente, di colore bruno nelle forme più stagionate; la pasta è bianca, tendente al paglierino con il progredire della stagionatura, compatta o con rada occhiatura, dal gusto forte e gradevolmente piccante (tratto dal Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Sardo).
In Ogliastra sono numerosi i caseifici che utilizzano le moderne tecniche di caseificazione. Sono altrettanto numerosi i pastori che preparano il formaggio negli ovili, rispettando le antiche tecniche tradizionali. Riproponiamo in queste poche righe le principali fasi di un antica arte che sopravvive negli anni.
Dopo la mungitura, il latte viene colato da tutte le impurità utilizzando un panno bagnato, versato in su caddargiu (calderone di rame) per essere scaldato fino a raggiungere una temperatura di 36-38 gradi, che un tempo veniva misurata col gomito o con la mano. Raggiunta la temperatura ottimale il caddargiu viene tolto dal fuoco e il latte viene cagliato con il caglio estratto dallo stomaco di ovicaprini lattanti (su caxu o callu, cagliu).
Dopo circa venti minuti la cagliata ottenuta viene rimessa a scaldare e con su murigu o con su pilisu (attrezzi di legno),la si rompe mescolandola fino a farla diventare completamente liquida. Raggiunta la temperatura di 38-39 gradi, su caddargiu viene definitivamente tolto dal fuoco, messo a terra e lasciato riposare per circa dodici-quindici minuti coperto con un panno. La pasta di formaggio viene plasmata, sempre in su caddargiu, con le mani (la mano tesa e le dita unite),ottenendo un unico agglomerato separato dal siero.
La pasta di formaggio viene divisa con un coltello di legno in tante fette, quante sono le pezze che si vogliono ottenere. Ogni fetta viene poi messa in contenitori forati ir giscus, e pigiato con le mani, per facilitare la fuoriuscita de su suru (il siero). E' durante questa fase che il formaggio assume la sua forma caratteristica in pezze. Dopo circa sei-sette ore, per evitare che inacidisca, il formaggio viene cosparso di sale non troppo grosso. Il giorno successivo viene lavato e messo ad asciugare su delle tavole di legno per la stagionatura. Periodo in cui il formaggio necessita di ungitura e di attenta conservazione in ambiente fresco e asciutto per evitare che si spacchi o che diventi marcio.
Il sanguinaccio è una pietanza legata alle antiche tradizioni agro-pastorali ed in particolare all’allevamento domestico del maiale, usanza molto diffusa fino a 20-30 anni fa. Impossibile da trovare nei ristoranti, più probabile in qualche agriturismo, è comunque sempre un piatto raro da degustare. “Su sambini ‘e porcu” può andare ad arricchire sia l’antipasto che il dessert di un pranzo ogliastrino.
La pecora in cappotto è una delle ricette tradizionali più note in Sardegna e anche in Ogliastra, dove la cultura agropastorale è fortemente radicata, questa pietanza è ancora molto diffusa.
Gli arrosti che hanno reso famosa la cucina ogliastrina.
L'arrosto è una tradizione e le carni cotte allo spiedo davanti ad fuoco scoppiettante non mancano mai sulle tavole delle nostre genti. Le carni degli animali, che pascolano allo stato brado lungo le pendici del Gennargentu o sugli altopiani che si affacciano al mare rappresentano una garanzia di qualità unica e rara. Le più apprezzate sono senza dubbio le carni di animali da latte (maialetto, agnello, capretto), quelle di pecora, capra e manzo.
La fragranza delle carni, viene accompagnata con gli aromi intensi della macchia mediterranea (mirto) o delle erbe di montagna (timo e rosmarino). Nella tradizione gli arrosti di animali da latte accompagno le festività natalizie, pasquali ed estive (Ferragosto), mentre la carne di pecora ricorre spesso nella quotidianità, sia per il suo basso costo che per la sua facile reperibilità durante tutto l'anno. Le carni cotte allo spiedo solitamente non necessitano di particolari accorgimenti tranne della salatura, che deve essere fatta a metà cottura.
Il sapore delle carni può essere arricchito colando, su di esse, con uno spedino del lardo di maiale fuso. I tempi di cottura dipendono principalmente, oltre che dalla temperatura del fuoco, dal tipo di carne. Agnello, capretto e pecora necessitano di circa un'ora e mezzo di cottura, mentre per il maialetto sono necessarie almeno due ore; il manzo viene consumato solitamente al sangue, e necessita di circa quarantacinque minuti di cottura. Le carni di agnello e capretto possono essere cucinate anche in tegame con piselli o patate, mentre la carne di pecora è ottima con patate e cipolle (pecora in cappotto).
Non possiamo dimenticare i secondi preparati con le interiora dell'agnello, del capretto e della pecora, tra cui troviamo sa corda (treccia), che prende il suo nome dal particolare intreccio realizzato con gli intestini e che ricordano le maglie di una treccia, e sa trattalia. Sa corda si prepara con la pancia della pecora (tagliata a strisce sottili) e con gli intestini più grassi, mentre sa trattalia si prepara direttamente sullo spiedo alternando a pezzi di cuore, fegato e polmone del pane e del lardo, il tutto avvolto senza particolari tecniche con gli intestini dell'animale. Queste due specialità possono essere cotte arrosto o in tegame.
Le montagne e le campagne ogliastrine sono inoltre ricche di selvaggina, cinghiali, lepri, pernici, quaglie e is pillonis de taccula, ossia le grive. Le pernici e le quaglie possono essere cucinate in tegame e aromatizzate con il mirto o preparate alla cacciatora con olive nere, del pomodoro secco o fresco, peperoncino, rosmarino, da cui si otterrà un sughetto piccante dal sapore leggermente amarognolo. Is pillonis de taccula arrivano in Ogliastra in autunno e durante la stagione fredda si nutrono di bacche di mirto, corbezzolo, ginepro e lentisco. Is pillonis de taccula vengono preparati sia bolliti che arrosto allo spiedo, quando vengono cotti arrosto vengono spesso insaporiti con del lardo di maiale fuso, dopo la cottura le grive vengono disposte su dei rami di mirto.
Le lepri vengono preparate alla cacciatora o anche arrosto, anche se di frequente vengono utilizzate come base per la preparazione di sughi che si sposano con is maccarones de ungras (tipico primo ogliastrino). La carne di cinghiale è un piatto che si trova sempre nei ristoranti e negli agriturismi d'Ogliastra. In passato veniva spesso cucinato all'interno di buche scavate nel terreno, queste venivano precedentemente scaldate e rivestite di foglie odorose, una volta ricoperta la carne con foglie e terra, si accendeva una piccola catasta di legna, ottenendo così una cottura lenta e un aromatizzazione intensa delle carni. In alcuni paesi ogliastrini ricorre ancora a questa antica tecnica di cottura soprattutto durante le feste e le sagre. Il cinghiale viene cucinato alla cacciatora, arrosto e si presta come base per condire i primi, inoltre come dal maiale si possono ricavare prosciutti e guanciali molto prelibati.
Is maccaronisi de ungras, detti anche malloreddusu è un'altro grande piatto della tradizione sarda e ogliastrina, che prende il suo nome dalla tecnica con cui vengono preparati.
Il nome maccaronisi de ungras deriva proprio da quest'ultima fase, infatti ungra in sardo significa unghia.
Le caratteristiche rigature che possono essere ottenute in diversi modi li rendono più idonei alla cottura e atti a trattenere il condimento.
Questa pasta, va servita con del semplice sugo di pomodoro e basilico o con del sugo di carne e condita con del pecorino grattugiato.