Carnevale Milleidee di Lotzorai
L'Associazione organizza la seconda edizione del "Carnevale Milleidee di Lotzorai". Come l'anno passato i ragazzi dell'associazione, nonostante le difficoltà, sono riusciti ad organizzare la manifestazione, a stimolare i concittadini nella creazione di altri carri allegorici e affrontare con un po' di brio il "Generale Inverno", che quest'anno pare essere abbastanza tenace e perseverante. Sabato 18 Gennaio, a partire dalle 14 e 30 ci sarà l'incontro dei carri allegorici presso la piazza comunale di Lotzorai. Dalle 15:00 partirà la sfilata per le vie del paese. Partendo da Piazza Repubblica, e diretto verso il rione di Donigala, partirà il corteo di gruppi di maschere e carri allegorici che percorrerà l'intera via Manzoni, via Giotto, Via Raffaello, via Dante e tornerà, dopo una serie di tappe, presso la Piazza Comunale, dove i ragazzi di Milleidee organizzeranno la festa in maschera con musica e balli per grandi e piccini.
Mentre per i più piccoli, domenica 26 a partire dalle 15 sempre presso la Piazza Comunale di Lotzorai, si terrà la seconda edizione della Pentolaccia in Piazza, con giochi e musica.
L' Assessorato alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Sport e Spettacolo della Provincia Ogliastra aderisce ques'anno alla V edizione della Giornata della Rete Italiana di Cultura Popolare. Verrà organizzata una serata in cui vari artisti proporranno i loro interventi (performances teatrali, reading, arti figurative e presentazioni di libri) sul tema del "Pregiudizio".
In tale occasione sarà presentato al pubblico e alla stampa il progetto pilota "Biblioteca Vivente", che prenderà prossimamente il via in alcuni Istituti d'Istruzione Secondaria dell'Ogliastra.
L'iniziativa avrà luogo martedì 13 dicembre 2011 alle ore 17.00 presso i locali siti nell'area Bosco Seleni a Lanusei.
Faranno parte della rassegna:
10 dicembre - la presentazione della rivista "Studi Ogliastrini" nell'aula magna del seminario vescovile, alle ore 18.
11 dicembre - Rossolevante presenta al teatro Fall Out
16 dicembre - Associazione L'isola che c'è - Cantieri d'arte Teatro della Chimera presenta al teatro Sogno di un mondo lontano
Uteriori info su luoghi e orari sono fornite nella sezione Eventi consultabile dalla Home page di Agugliastra.it
Agugliastra.it pubblicherà in quattro parti l'articolo di Roberto La Paglia dal titolo "La Sindrome di Quirra".
L'articolo ripercorre la cronistoria degli eventi, partendo dalle origini del poligono, attraversando le inchieste e le vicende che hanno e caratterizzato questa controversa storia.
di Robero La Paglia
Una misteriosa commissione
Avevamo in apertura di questa ricerca accennato ad una commissione, nominata appositamente per verificare e svelare i misteri che si celano dietro la Sindrome di Quirra; tale organismo, conosciuto anche come Commissione Mandelli, prese il nome dal noto ematologo, presidente dell'Associazione Italiana Leucemie, Franco Mandelli, che la presiedeva.
La commissione liquidò frettolosamente il problema, divulgando che non soltanto Quirra non era in alcun modo esposta al pericolo radiazioni, ma non lo erano neanche tutte le altre zone adiacenti alle varie basi militari.
L'uranio impoverito venne quindi assolto, riportato addirittura come simbolo di benessere, visto che le conclusioni facevano notare come, proprio in prossimità delle basi, le condizioni di vita erano migliori che altrove!
Tutto questo in barba a studi medici prestigiosi come quello della Royal Society inglese, oppure quello del Centro Ricerche di nanopatologie dell'Università di Modena e Reggio Emilia, che recitano testualmente: "...l'uranio impoverito è un metallo radioattivo e altamente tossico. Una volta usato, infatti, si insinua nell'ambiente per un lunghissimo periodo di tempo causando un inquinamento persistente".
Fantastica scoperta operata dalla Commissione Mandelli o sottile bisogno di far tacere troppe voci che dalla Sardegna erano quasi riuscite a scavalcare l'immenso muro che divide questa terra dal resto dell'Italia?
Cerchiamo di capire su quali basi si mosse la Commissione Mandelli: iniziamo intanto con il riportare una semplice, logica deduzione; quando ci si trova dover affrontare un problema di ordine medico che interessa parte del territorio nazionale, dovrebbe essere il Parlamento a nominare una commissione, oppure il Ministero della Sanità, ma nel nostro caso la Commissione Mandelli venne nominata dal Ministero della Difesa, ovvero da una delle parti che risultava strettamente connessa alla vicenda stessa, essendo responsabile del poligono di Quirra.
Nonostante questa "misteriosa" svista, si potrebbe pensare che, in ogni caso, sono i metodi quelli che contano, ed essendo la commissione guidata da un valente esponente del mondo scientifico e accademico non si dovrebbero incontrare difficoltà nel rintracciare la verità.
Purtroppo, ancora una volta, le cose non sono andate così: il numero dei casi da prendere in considerazione venne "stranamente" ridotto; dei sessanta, forse cento casi accertati, (non prendiamo in considerazione quelli che non vollero esporsi personalmente rinchiudendosi in un tragico silenzio), soltanto ventotto vennero ritenuti degni di essere esaminati.
Esaminata la documentazione acquisita, la commissione, altrettanto "stranamente", aumentò il numero delle presenze sul territorio oggetto dell'indagine; in tal modo, considerando che vennero presi numericamente in considerazione anche coloro che avevano sostato, per qualunque motivo, anche un solo giorno nel posto, la percentuale significativa di incidenza delle patologie diminuì in modo drastico.
In ultimo, per quale motivo sotto la voce Guerra dei Balcani e incidenza tumorale sono stati inserite aree di conflitto nelle quali non è stato notoriamente usato l'uranio impoverito, escludendo altre aree quali la Somalia dove, altrettanto notoriamente è stato usato uranio impoverito e senza le necessarie precauzioni?
Conclusioni
Un breve articolo su un argomento tanto spinoso e inquietante non può fare molto, soprattutto quando centinaia di persone da tempo urlano il loro bisogno di verità e reclamano almeno di sapere per quale motivo i loro cari non gli sono più accanto.
Un articolo può fare poco, può invitare a riflettere, spingere ad informarsi meglio, usando magari molte più fonti, può dare la sensazione che in realtà esistono delle crepe in quel muro di silenzio, e che l'indifferenza è ancora lontana dal diventare uno stile di vita.
Oltre ogni polemica, oltre ogni indagine scientifica o rilevanza statistica che si presti a varie interpretazioni, resta il fatto che a Quirra qualcosa accade, che sta accadendo da anni; esistono nella vita responsabilità che non possono essere eluse, soprattutto quando riguardano persone e organi preposti alla nostra sicurezza, all'amministrazione del nostro futuro.
La verità si cerca osservando i cieli, ma anche tenendo ben fisso lo sguardo sulla terra, perché la verità è un bene universale, oltre che un diritto al quale tutti debbono avere accesso.
Ritorneremo di sicuro su questo argomento, con la stessa attenzione che dedichiamo ai fenomeni celesti e alle loro numerose connessioni terrestri; in questo tempo di grandi e spesso repentini cambiamenti, rimane sempre salda la speranza che anche l'uomo possa veramente cambiare, e ancora più forte il desiderio che quei bambini sardi, giunti in cima alla collina dopo una estenuante corsa, possano ammirare cieli limpidi e puliti, sdraiandosi su una terra che non nasconda più mortali veleni.
IV ed ultima parte dell'articolo.
Agugliastra.it pubblicherà in quattro parti l'articolo di Roberto La Paglia dal titolo "La Sindrome di Quirra".
L'articolo ripercorre la cronistoria degli eventi, partendo dalle origini del poligono, attraversando le inchieste e le vicende che hanno e caratterizzato questa controversa storia.
di Robero La Paglia
Effetti disastrosi
Non si può pienamente comprendere la Sindrome di Quirra se non si conoscono gli effetti dell'uranio impoverito sull'uomo; il principale organo interessato è il rene, le particelle di uranio, infatti, si depositano nel tubulo renale, entrando in interazione con il tubulo prossimale, ovvero con quella parte del rene deputata al riassorbimento di sostanze quali i solfati, i fosfati, l'urea, gli aminoacidi, le vitamine e alcuni tipi di farmaci, tutti componenti che in seguito verranno degradati.
In tal modo l'uranio entrerà in sinergia con le membrane delle cellule apicali dell'epitelio tubulare, provocando le patologie che sono state frequentemente riscontrate durante la Guerra del Golfo.
Nonostante questa interazione sia stata ampiamente provata, in campo medico non tutti sono concordi sugli effetti dell'uranio impoverito; esiste da un lato una ampia statistica che dimostra l'assenza di conseguenze patologiche nei lavoratori coinvolti in incidenti nelle centrali nucleari, così come si tende a minimizzare i rischi per i militari; ben diversa è però la situazione quando il discorso si sposta sulla popolazione civile, poiché l'uranio lasciato sul campo di battaglia viene trasportato dal vento, può contaminare le falde acquifere e perfino entrare a far parte della catena alimentare.
In tal senso esistono numerose documentazioni di contaminazione ambientale riscontrata vicino ad alcune industrie americane che producono proiettili all'uranio impoverito, e che erano solite sotterrare gli scarti della lavorazione.
Le manifestazioni a breve termine sono solitamente nausea, vomito e forte indebolimento; nel caso di frammenti o particelle entrate nel corpo attraverso ferite gli effetti possono presentarsi anche dopo decenni e si concretizzano in danni al fegato, decadimento dei tessuti, anemia, neoplasie ossee, e anomalie cromosomiche nei neonati, malformazioni fetali, ma questi sono soltanto una parte di un lungo elenco.
Troppi silenzi e molte lacune
Molto frettolosamente, forse troppo, la Sindrome di Quirra è stata liquidata come una delle solite invenzioni dei pacifisti accaniti, di coloro che contestano la presenza di basi Nato in Italia, o dei soliti fautori delle teorie di cospirazione; nel silenzio che da tempo avvolge la Sardegna ci si è dimenticati che solitamente le teorie di complotto ruotano intorno ad una realtà non dimostrabile, mentre la Sindrome di Quirra può essere tradotta in statistiche riscontrabili e tragicamente reali.
Nel 1999 il militare cagliaritano Salvatore Vacca muore di leucemia al ritorno da una missione in Bosnia; contemporaneamente si diffonde la notizia che a circa il 60% dei militari presenti durante la Guerra del Golfo e affetti da patologie "sospette" era stata riscontrata una grande quantità di uranio impoverito nel corpo.
Ma la statistica riporta dati anche in tempi forse non sospetti; nella zona di Esclaplano, tra il 1981 e il 1983, si moltiplicano paurosamente le malformazioni fetali, ben undici bambini con gravi deformità o con seri handicap fisici in un'area di circa 2600 abitanti, con un tasso di natalità di 19/21 nascite l'anno, numeri che difficilmente possono essere liquidati come statisticamente non significativi.
Impossibilitati a coprire con il silenzio questi dati, si pensò bene di ricorrere alla teoria di malformazioni dovute all'uso di farmaci dannosi durante la gestazione; anche in questo caso il tentativo fallì miseramente visto che le mutazioni erano state riscontrate anche negli animali; nel frattempo il poligono si dilettava nel produrre fortissime esplosioni, mentre i bambini giocavano a correre sulle colline per osservare quelle enormi nuvole di fumo e polvere che venivano trasportate dal vento!
I dati raccolti in ambito medico vennero sminuiti dalle commissioni ufficiali, altrettanto avvenne per quelli raccolti da comitati spontanei formati da privati cittadini; allo stesso modo non si tenne in alcun conto delle osservazioni di un geologo che denunciò la presenza di tre sorgenti di tre colori diversi, (marrone, verde e giallo), all'interno del poligono.
Tenendo conto che il rilevamento venne effettuato a circa 600 metri d'altezza, e che i paesi teatro delle tragiche mutazioni si trovano molto più in basso rispetto al poligono, l'ipotesi di un inquinamento delle falde acquifere sarebbe stata quanto meno plausibile.
Tutti questi dati, già allarmanti nella loro tragica realtà, sono comunque soltanto una parte della statistica relativa alla Sindrome di Quirra: circa il 30% dei pastori che orbitano nella zona incriminata è stato colpito da leucemia; di questi, il 25% lavorava anche in maniera saltuaria presso una ditta edile che operava all'interno del poligono.
Una zona quindi, sulla quale sembra gravare una costante minaccia, un pericolo strisciante occultato dal silenzio, che si estende per tutto il territorio usando l'aria e l'acqua, e non solo Quirra è sotto costante minaccia.
La base di Perdasdefogu, infatti, non sembra meno pericolosa delle altre;
I casi di tumori al sistema ematico e linfatico, oltre che leucemie e linfomi, si contano in percentuali sconcertanti, così come le malformazioni alla nascita; che dire poi di un dato passato assolutamente sotto strettissimo silenzio?
Parliamo dell'incidenza dei casi di glioblastoma, il più feroce tra i tumori del cervello con una aspettativa media di vita di circa un anno.
L'incidenza del glioblastoma in Europa è approssimativamente di 2 o 3 nuovi casi l'anno ogni 100.000 persone; proviamo adesso a fare una semplice comparazione matematica basandoci su media di 5 anni: seguendo questo metodo avremo al massimo 15 nuovi ammalati ogni 100.000 persone.
Riportiamo adesso il risultato ottenuto su scala europea, ai dati che provengono dal bellissimo comune di Jerzu, nella valle del Rio Quirra, che conta circa 3000 abitanti; in questo caso dovremmo ottenere un risultato che porta l'incidenza della malattia a 0,45 casi nell'arco di 5 anni; ma a Jerzu la matematica sembra essere diventata un'opinione, visto che i casi di glioblastoma sono stati almeno sette!
Che dire poi delle segnalazioni fatte dai cittadini, tutte regolarmente inevase, relative allo smaltimento delle armi inutilizzate e difettose che vengono fatte brillare nelle campagne circostanti la base militare?
Dal 1999 ad oggi si contano più di 45 vittime, circa 500 militari gravemente ammalati, ultimo un muratore di 47 anni, affetto dal linfoma di Hodgkin, che ancora una volta, per una "singolare" coincidenza, risulta aver lavorato costantemente nelle campagne adiacenti al poligono, oltre che presso una impresa edile che svolgeva lavori all'interno del poligono stesso.
Il misterioso poligono militare
Con più di 11.600 ettari, dei quali 1.100 lungo la fascia costiera di San Lorenzo, il poligono di Salto di Quirra è il più vasto d'Italia, se non di tutta l'Europa.
Viene gestito formalmente dall'Aeronautica e messo a disposizione della Nato, anche se frequenti "voci" parlano di una sua indipendenza, almeno in parte, dalla Nato stessa.
Comprende due vasti settori, uno con sede a Perdasdefogu, e abbiamo già visto cosa accade in questo luogo, e l'altro con sede a Capo San Lorenzo, zona che produce inquietanti statistiche nel più assoluto silenzio.
Le attività ebbero inizio nel 1956 con una serie di lanci di missili Contraves, di produzione italiana; successivamente, dopo vari cambiamenti relativi agli scopi e alla direzione, il poligono venne utilizzato anche dall'Esercito, dall'Aeronautica e dalla Marina della Nato, oltre ad ospitare ditte private che costruiscono sistemi d'arma, provando e sperimentando i loro prodotti.
Di contro, il poligono di Salto di Quirra rappresenta il fiore all'occhiello della difesa italiana, 24.000 ettari di territorio nella sola Sardegna contro i 16.000 suddivisi in tutto il resto dell'Italia, ma anche questo dato passa sotto silenzio perché si tratta di un problema di difesa nazionale, e non si capisce per quale motivo ci si debba difendere usando l'uranio impoverito che, specularmene, diventa uno strumento d'offesa rispetto a coloro che ne fanno uso.
Ma l'area in questione forse nasconde interessi ben diversi, interessi che sono facilmente identificabili ponendo la giusta attenzione su un particolare; l'intera area, oltre che essere utilizzata dalle Forze Armate, è anche un vero e proprio mercato internazionale per le varie multinazionali delle armi.
Le maggiori aziende testano qui i loro prodotti, sperimentano, collaudano, fanno test per dimostrare ai loro potenziali clienti la potenza della loro produzione; ovviamente, per ripagarsi del "disturbo", lo Stato italiano riceve un canone come corrispettivo dello smaltimento sul territorio sardo di una quantità imprecisata di rifiuti bellici. La conclusione ovvia è che la zona di Salto di Quirra è in realtà una immensa discarica a cielo aperto, con una altissima incidenza di casi di leucemia e tumori al sistema emolinfatico.
Tutto questo avviene a circa due ore dalla Costa Smeralda, meta di lusso per ricchi vacanzieri e paradiso nel quale ogni estate molti dei responsabili vengono per zittire le loro coscienze.
Fine III Parte
La prossima settimana sarà pubblica la IV ed ultima parte dell'articolo.
Agugliastra.it pubblicherà in più parti l'articolo di Roberto La Paglia dal titolo "La Sindrome di Quirra".
L'articolo ripercorre la cronistoria degli eventi, partendo dalle origini del poligono, attraversando le inchieste e le vicende che hanno e caratterizzato questa controversa storia.
di Robero La Paglia
Il motivo del contendere
Per poter rispondere a questo quesito, è almeno doveroso cercare di spiegare chiaramente quale è il motivo di questa contesa, ovvero cosa si intende per uranio impoverito e quali conseguenze sono rapportabili a questo elemento.
L'uranio è notoriamente un metallo pesante, tossico e radioattivo, rintracciabile in piccole quantità nelle rocce, nell'acqua, nell'aria, ma anche nel suolo e in molti organismi viventi; il termine impoverito indica invece una miscela di uranio più povera rispetto alla concentrazione naturale.
Il suo uso, contrariamente a quanto si possa pensare, è abbastanza comune, soprattutto per quanto riguarda la schermatura dalle radiazioni in campo medico e nelle applicazioni aerospaziali.
Nonostante la sua radioattività sia sempre stata considerata di "basso livello", non sono stati pochi i casi di tumore, tra cui il linfoma di Hodgkin, registrati sia tra il personale civile operante nelle basi militari, sia tra i militari stessi.
L'utilizzo di uranio impoverito in ambienti militari si riferisce alle munizioni anticarro e alle corazzature di alcuni sistemi d'arma; in ogni caso il suo costo molto limitato lascia pensare che venga utilizzato in maniera massiccia già dagli anni Sessanta da parte delle forze armate statunitensi.
Queste teorie, pur se avallate da numerosi ragionevoli dubbi, non hanno mai trovato piena conferma; i documenti ufficiali dei vari Ministeri della Difesa hanno sempre, ripetutamente negato l'uso di uranio impoverito, così come hanno fatto gli alti vertici militari.
Nonostante ciò abbiamo conferma che quasi trecento tonnellate di uranio impoverito sono state esplose durante la Guerra del Golfo, tenendo conto che ogni proiettile di cannone o d'aeroplano ne conteneva circa 272 grammi.
Lo stesso problema si è presentato in Bosnia e durante la Guerra del Kosovo; gli stessi militari conoscono bene i proiettili in questione, tanto da avergli attribuito anche un nome entrato ormai a fare parte del loro gergo, "API", ovvero Armor Piercing Incendiary Ammunitions, che tradotto suona pressappoco come: munizioni incendiarie perforanti.
Unico tentativo di disciplinare l'uso di uranio impoverito negli ambienti militari venne effettuato nel 2001 dal capo del Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia Carla del Ponte; la sua proposta di considerare queste armi e il loro uso come un vero e proprio crimine di guerra venne però bocciata, in ragione del fatto che non esiste alcun trattato ufficiale in merito e non esistono leggi internazionali che vietino l'uso delle armi fabbricate con uranio impoverito.
A questo punto sarebbe anche lecito pensare: se nessuno ha mai sentito il dovere di regolare questa materia, probabilmente non sarà poi così pericolosa come si pensa; in realtà il vero problema risiede proprio nella sua pericolosità, che però viene enormemente mitigata da un costo di produzione così basso da riuscire a bocciare sul nascere qualsiasi trattato ufficiale o legge internazionale.
Quando un proiettile incendiario perforante colpisce il suo obiettivo, buona parte dell'uranio impoverito prende fuoco, frammentandosi in tante piccole particelle; in seguito, vista anche la loro lunga capacità di sopravvivenza, queste particelle potranno essere inalate o ingerite, potranno muoversi nell'acqua o spostarsi nell'aria.
Per avere un'idea del problema, basterà leggere i test effettuati sul campo dall'esercito statunitense: quando un penetratore all'uranio impoverito colpisce il proprio obiettivo, in questo caso un proiettile da 120 millimetri contro un bersaglio corazzato, vengono liberati da uno a tre chili di polvere di uranio radioattiva!
Veniamo adesso agli effetti che una tale situazione può avere sull'uomo: come abbiamo già visto l'uranio impoverito è un metallo pesante radioattivo; anche se la statistica puntualizza che gli effetti nocivi si scatenano soltanto in presenza di una inalazione diretta, o nel caso venga ingerito, basterà soltanto per un attimo visualizzare lo scenario di uno scontro in guerra per capire come tutte queste possibilità siano altamente probabili.
Effetti disastrosi
Non si può pienamente comprendere la Sindrome di Quirra se non si conoscono gli effetti dell'uranio impoverito sull'uomo; il principale organo interessato è il rene, le particelle di uranio, infatti, si depositano nel tubulo renale, entrando in interazione con il tubulo prossimale, ovvero con quella parte del rene deputata al riassorbimento di sostanze quali i solfati, i fosfati, l'urea, gli aminoacidi, le vitamine e alcuni tipi di farmaci, tutti componenti che in seguito verranno degradati.
In tal modo l'uranio entrerà in sinergia con le membrane delle cellule apicali dell'epitelio tubulare, provocando le patologie che sono state frequentemente riscontrate durante la Guerra del Golfo.
Nonostante questa interazione sia stata ampiamente provata, in campo medico non tutti sono concordi sugli effetti dell'uranio impoverito; esiste da un lato una ampia statistica che dimostra l'assenza di conseguenze patologiche nei lavoratori coinvolti in incidenti nelle centrali nucleari, così come si tende a minimizzare i rischi per i militari; ben diversa è però la situazione quando il discorso si sposta sulla popolazione civile, poiché l'uranio lasciato sul campo di battaglia viene trasportato dal vento, può contaminare le falde acquifere e perfino entrare a far parte della catena alimentare.
In tal senso esistono numerose documentazioni di contaminazione ambientale riscontrata vicino ad alcune industrie americane che producono proiettili all'uranio impoverito, e che erano solite sotterrare gli scarti della lavorazione.
Le manifestazioni a breve termine sono solitamente nausea, vomito e forte indebolimento; nel caso di frammenti o particelle entrate nel corpo attraverso ferite gli effetti possono presentarsi anche dopo decenni e si concretizzano in danni al fegato, decadimento dei tessuti, anemia, neoplasie ossee, e anomalie cromosomiche nei neonati, malformazioni fetali, ma questi sono soltanto una parte di un lungo elenco.
Fine II Parte
Agugliastra.it pubblicherà in più parti l'articolo di Roberto La Paglia dal titolo "La Sindrome di Quirra".
L'articolo ripercorre la cronistoria degli eventi, partendo dalle origini del poligono, attraversando le inchieste e le vicende che hanno e caratterizzato questa controversa storia.
di Robero La Paglia
Quando si muore in silenzio si muore due volte, quando al silenzio si aggiunge l'indifferenza muore anche la possibilità di aggiungere un pilastro in più alle fondamenta di un mondo nuovo, nel quale silenzi e indifferenza non dovrebbero avere posto. A volte le tragedie si consumano in silenzio, e in fretta si devono dimenticare: la Sindrome di Quirra è una di queste.
Prime informazioni
Anno 1327, Don Alfonso d'Aragona istituisce nel centro orientale della Sardegna, la Contea di Quirra, divenuta in seguito Marchesato; il territorio comprenderà quattro feudi e numerosi villaggi, oltre al castello di Lotzorai.
Ben presto Quirra verrà dimenticata, come spesso viene dimenticato il Sud di ogni cosa, specialmente se questo Sud è rappresentato da un'isola e se questa isola può considerarsi fortunata soltanto in estate, viste le sue numerose bellezze naturali.
Molto spesso chi, anche per mestiere, spulcia tra gli archivi storici antichi e moderni, si imbatte in strani racconti, a volte così sconcertanti da apparire inverosimili; la storia in fondo è formata da tanti piccoli avvenimenti sparsi tra le pieghe del tempo, importanti o meno, che spesso acquistano connotazioni diverse a seconda del periodo durante il quale vengono trattati.
Non deve quindi stupire se alcune notizie non avranno mai un notevole risalto rispetto ad altre, è doveroso però riflettere quando il silenzio diventa costante, quasi imposto.
Forse proprio per questi motivi nessuno si interessò molto alla notizia che, nella zona di Salto di Quirra, si stava alacremente lavorando alla costruzione di un Poligono Interforze; d'altra parte non era certo il primo nel mondo e non sarebbe stato neanche l'ultimo.
Su questo disinteresse generale, oltre che sull'assenza di informazioni in merito, il destino iniziò a tessere trame di morte , stendendo la sua tela su Sarrabus, a circa 80 chilometri di distanza da Cagliari.
Parliamo della zona di Capo San Lorenzo, un piccolo angolo di paradiso, facilmente fruibile per turisti poco danarosi, dove i fenicotteri rosa si confondono con il tramonto, un paradiso che però ospita la più grande base Nato del Mediterraneo.
A questo punto saranno in molti a pensare che questo sia il solito articolo schierato a favore di chi è contrario alle basi militari, in realtà quello che verrà riportato in seguito ha ben poco a che fare con il pacifismo, giusto o esasperato che sia; quella che è stata ribattezzata come la Sindrome di Quirra è una problematica tragicamente attuale, una minaccia vera e propria, ancora più pericolosa perché coperta dal più assoluto silenzio.
Nessuno schieramento quindi, se non quello a favore di chi reclama di essere ascoltato, delle verità che devono essere divulgate e del diritto inalienabili di ogni persona a sapere cosa sta accadendo fuori dalla porta di casa sua.
Cronologia degli avvenimenti
Nel dicembre del 2000, mentre tutti affannati rincorrevano i regali natalizi e addobbavano le case per le ormai prossime festività, alcuni reduci dalle missioni di pace nei Balcani pronunciavano due semplici ma terribili parole: uranio impoverito.
Per chi non avesse più memoria dei fatti, è il periodo della cosiddetta Sindrome dei Balcani, che tradotta in altre parole significa quarantotto militari ammalati, circa una diecina morti, chi per leucemia linfatica, chi dopo aver contratto il linfoma di Hodgkin.
La commissione scientifica nominata dal Ministero della Difesa, con a capo l'ematologo Franco Mandelli, ovviamente non si sbilanciò più di tanto, e usando toni estremamente rassicuranti sentenziò che, statisticamente, non si trattava di un dato significativo.
Queste affermazioni però, ad un ben più attento esame, non fanno alcun accenno alle possibili origini che contribuirono a scatenare le patologie riscontrate; allo stesso modo nessuno si prese la briga di evidenziare una seconda, strana, anomalia statistica: dei quarantotto militari ammalati, molti erano Sardi o, comunque, avevano prestato servizio presso basi militari dislocate in Sardegna.
Ammesso quindi che il risultato non fosse statisticamente rilevante, lo stesso non si può affermare per l'incidenza relativa alla Sardegna; in questo caso, infatti, il dato che rileva più della metà dei soggetti di origine Sarda o comunque connessi all'isola stessa, diventa estremamente significativo.
In ogni caso, l'arrivo del Natale mette tutto a tacere, in uno stato di lieto e gioioso oblio, lo stesso nel quale da sempre vive la Sardegna e le sue vicende interne; questa ovattata coltre di silenzio avrà però vita breve.
Nel mese di gennaio del 2001 viene denunciato un alto tasso di leucemie e linfomi tra gli abitanti di Quirra, (circa 150); la denuncia viene firmata da uno dei tre medici di base di Villaputzu, sempre nella regione del Sarrabus, e dallo stesso sindaco del paese, primario di pneumologia presso l'ospedale Roberto Binaghi di Cagliari.
Ancora una volta la richiesta di accertamenti sanitari viene fagocitata dal limbo di cui sopra, e la situazione di stallo prosegue fino al 2002, periodo nel quale ai dati già denunciati si aggiungono quelli di ben dodici bambini colpiti da alterazioni genetiche nel comune di Escalaplano.
Ancora dati statisticamente non significativi?
L'organizzazione "Gettiamo le Basi" inizia una dura campagna mediatica, mentre i dati relativi alla Sindrome dei Balcani salgono a quattordici casi.
Durante i primi giorni di Marzo viene avviata una indagine scientifica che, sorprendentemente, quasi subito, svela a tutti l'enigma delle strane morti: inquinamento da arsenico!
A onor del vero, nella regione di Baccu Locci, all'interno di una zona militare, esiste realmente una miniera di piombo e arsenico, ma è stata chiusa nel 1964 e, come si dimostrerà in seguito, la connessione è del tutto errata.
L'indagine viene conclusa nel febbraio del 2003, effettuando uno screening sulla popolazione per accertare la contaminazione da arsenico; il risultato, ovviamente, è negativo, ma sarebbe bastato semplicemente consultare un qualsiasi testo di letteratura medica per sapere che non esiste alcuna connessione tra arsenico e tumori emolinfatici!
Timidamente alcune voci pronunciano due tragiche parole, "uranio impoverito" e da quel momento è una escalation di colpi di scena: nel 2004 una indagine del Ministero della Difesa rigetta categoricamente l'ipotesi che l'uranio impoverito possa essere la causa dei tumori di Quirra o delle alterazioni genetiche di Escalaplano; dal 2005 al 2006 la Commissione del Senato estende la propria indagine ai poligoni presenti in Sardegna, ma nel 2006 viene nuovamente riproposta la tesi della miniera come fonte dei tumori, e su questa verità si chiude il sipario su Quirra, nessuna altra spiegazione può essere divulgata se non quella che, in qualche modo, serve a tutelare lo Stato e le basi militari coinvolte.
Ma le cose sono andate veramente così?
Fine I Parte
La posizione geografica e le condizioni eco-pedologiche estremamente varie, rendono la Sardegna un luogo ideale per la crescita della vite sia selvatica che coltivata. La vite coltivata (Vitis vinifera sativa) si sarebbe originata dalla vite selvatica (Vitis vinifera sylvestris) che cresce spontanea nei corsi d'acqua dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Che il ruolo dell'isola nella diffusione della coltura della vite sia stato e sia tuttora in gran parte ignorato, e sottostimato, è dimostrato anche dal fatto che quelle che chiameremo, per comodità, ipotesi classiche, non sono supportata da documenti di nessun tipo e sono state fatte diversi secoli dopo, quindi non da testimoni oculari.
Lo storico Vittorio Angius nell'ottocento descriveva cosi il rapporto tra gli ogliastrini e la vite:
Sono queste la principal sorgente del lucro di questi provinciali. Il sole opera sugli aprichi lor poggi con tutta sua virtù a maturare i succhi de' grandi grappoli che incurvano i pampini; ed una semplicissima operazione dà i vini più pregievoli al commercio.
Le viti delle uve bianche sono nelle seguenti varietà; malvasia, arista, retagliau, vernaccia, fornaccina, moscatello, moscatellone, nuràgus, uva d'angeli, coierbei, albacanna, albicella, albumannu, albaparadu, corniola, culpunto, calabresa, bisini, molle, titiaca, altrimenti triga, o apesorgia, galopo: quelle dell'uve nere son dette, cannonao, girò, muristello, altrimenti merdolino, amantosu, occhio di bue, bonengia, nieddamanna, nieddacarta, borgio, rosa, titiaca nera, e alcune altre maniere meno frequenti. Il cannonao e il nuragus sono le predominanti.
Mangiasi il galopo, il girò, la nieddacarta, la calabresa, il muristello, la triga bianca e nera, l'albicella che è leggierissima, la rosa che è la più comune delle uve pensili, o di pergola, l'amantosu che è molto gradita e leggera. La triga si conserva fresca tutto l'anno, il galopo, e l'albumannu si fa appassire. Il vino comune si fa generalmente col cannonao, la vernaccia, la farnaccina, il nuragus e le uve moscatelle.
Tra i vini dell'Ogliastra pregievoli per la sostanza, per la soavità, e per altre ragioni di bontà, quei di Lanusei e di Ilbono si stimano di superior bontà; quindi quei di Gairo, sotto essi quei di Jerzu, Ulassai e Osini, in ultimo gli altri. Nel commercio i gairesi ribassano il 15 per 100 in paragone con i vini di Lanusei e Ilbono, gli altri il 40 e il 50.
L'ordinaria quantità della vendemmia è di carratelli 5680, che contengono quartare 1,704,000, risultanti dalle parziali di carratelli 1850, o quartara 555,000, nel distretto di Lanusei; di carr. 1500, o quart. 450,000, nel distretto di Barì; di carr. 1550, o quart. 465,000, nel distretto di Villapuzzo; e di carr. 780, o quart. 234,000, nel distretto di Trièi.
Di tutto questo mosto la metà si beve nel paese, un decimo si cuoce nelle caldaje per farne la sappa, che è un articolo necessario di provvista nelle famiglie, un altro decimo si brucia ne' lambicchi per acquavite, e il rimanente si pone in commercio, e vendesi o agli altri dipartimenti del regno, o all'estero, come poi si dirà.
Il terreno occupato da' vigneti è eguale a starelli 15,009 nel seguente ripartimento, pel distretto di Lanusei starelli 4,950; per quello di Barì 4,110; per quello di Villapuzzo 4,140; e per quello di Trièi 1,709.
Tratto da: Vittorio Angius, Città e Vilaggi della Sardegna dell'Ottocento
Lo studio, il recupero e la valorizzazione dei vitigni autoctoni sardi trovano un riscontro formidabile nelle notizie storiche.
Un esempio è il vino bianco di Telavè (Triei, Ogliastra). L'archeologo Mario Sanges riporta una nota di spesa ritrovata negli archivi vaticani, relativa alla fornitura di "ottimo vino bianco di Telavè" al Papa nei primissimi anni del '600. Nel corso delle indagini svolte finora in Ogliastra, è stato possibile rintracciare una decina di interessantissimi vitigni bianchi autoctoni, specifici di questa regione, a dimostrazione che insieme al più noto Cannonau si produceva dell'ottimo vino bianco.
Storicamente le zone migliori per la coltivazione della vite a Triei sono dislocate nelle colline che circondano l'abitato. Su tutte c'è però una località denominata appunto Telavè che si trova nella zona adiacente al villaggio nuragico di Bau Nuraxi. In quella zona, che risale al 1000 a.C., sono state scoperte tracce di vite addomesticata e quindi di una attività vinicola. Alcuni studiosi, in Olanda, facendo delle analisi su alcuni cocci trovati sempre al Bau Nuraxi, nell’aria di Telavè, hanno scoperto che da quelle parti si coltivava la vite. Inoltre una ricerca condotta nella Curia Vescovile di Lanusei, che è stata presentata per la prima volta al Vinitaly del 2005 a Verona, ha dimostrato che già diversi secoli or sono, a Marsiglia, si vendeva il vino "Triei".