La grotta dell'Orco

Presso Urzulei esiste una grotta che da tempo immemorabile tutti chiamano "Sa Rutta 'e s'Orcu" (la grotta dell'Orco).

Penetrarvi è un'impresa tutt'altro che facile, eppure, in tempo lontano, quella grotta che oggi è soltanto ricettacolo di pipistrelli, dovette essere abitata da qualcuno a giudicare dagli oggetti in rame e in bronzo in essa rinvenuti. 

Abitava in quell'antro un orco con la moglie, in figlio e il padre cieco. L'orco con la sua famiglia si nutriva esclusivamente di carne, perciò andava ogni giorno a caccia, catturando cervi, cinghiali e mufloni. Nelle ore libere affilava le armi per la cattura degli animali o ne forgiava di nuove. Viveva con la famiglia dell'orco una fanciulla di Thelevai, di nome Mariedda che da piccola, essendo rimasta orfana, era stata accolta nella grotta e allevata dalla moglie dell'orco. Quando questo tornava dalla foresta con un animale ucciso, lo scaricava davanti alla grotta, poi con una grossa 'leppa' (coltello) lo scuoiava e ne essicava la pelle cospargendola col sale, mentre la carne arrostiva spandendo un buon odore. 
"Sempre carne fresca in casa dell'orco!", mormoravano i pastori quando il vento portava verso gli ovile il profumo dell'arrosto. Ma si tenevano lontani dalla spelonca perchè avevano sentito, chissà se era vero, che l'orco, quando non trovava animali da cacciare, catturava anche gli uomini o i ragazzi che passavano nelle vicinanze.

Un anno ci fu grande siccità. Il ruscello vicino era completamente asciutto ed era difficile trovare animali nei dintorni. Le bestie si erano spostate più a valle alla ricerca dell'acqua. 
L'orco non avendo più carne da mangiare, cominciò a guardare Mariedda. Un giorno decise di recarsi a Lovothai per una cerimonia. Ivi abitava un suo parente, orco pure lui. Chissà che in quella zona la selvaggina non si trovasse con più facilità! Si preparò a partire con la moglie e il figlio. Prima di saltare fuori dalla grotta gridò al padre: "Mariedda è abbastanza in carne. Se non troverò selvaggina mangeremo lei".
La ragazza tornava in quel momento con un fascio di legna in testa e sentendo le parole dell'orco, si fermò dietro una macchia di lentischio. Quando decise ad entrare nella grotta, il vecchio cominciò a palparla dicendo: "Sei cresciuta bene, ti sei irrobustita quest'estate!". Mariedda pensò di fuggire. Ma poi si ricordò che l'orco anche se cieco, aveva il fiuto molto sviluppato e di certo l'avrebbe inseguita e riportata a casa. I suoi occhi smarriti si posarono su una scure che stava appoggiata su un grosso ceppo. L'afferrò e con tutta la froza che potè. la lasciò cadere sulla testa dell'orco che non aveva fiutato il pericolo. Il vecchio stramazzò a terra con la testa spaccata e Mariedda decise di abbondonare subito la grotta e di dirigersi verso Thelevai, dove forse qualche parente sarebbe stato disposto ad accoglierla. 
Camminò a lungo: ormai cadeva la sera e le ombre di facevano sempre più dense. Aveva i piedi gonfi e insanguinati, ma continuava a camminare. Se l'orco fosse tornato a casa di sicuro l'avrebbe inseguita e col suo fiuto non avrebbe tardato a scovarla. Ogni tanto inciampava su qualche ramo secco o su qualche pietra. 

Ai primi bagliori dell'Aurora uscì dal bosco e le si fece incontro una vecchia che le domandò dove stesse andando. 
"Vado a Thelevai al villaggio dove sono nata".
"Ma Thelevai si trova nella posizione opposta", disse la vecchia e, vedendo la disperazione della fanciulla, le consigliò di fermarsi lungo la strada a casa di Brinzi, il conciatore di pelli che di sicuro l'avrebbe aiutata."Fatti dare da Brinzi due pelli di coniglio non ancora conciate", aggiunse. "Avvolgiti i piedi con quelle e l'orco non sentirà più il tuo odore. Solo così potrai salvarti".

Mariedda continuò la sua strada finchè giunse alla casa di Brinzi. Trovò l'uomo intento a salare alcune pelli di coniglio e gliene chiese due per proteggere i piedi sanguinanti. Brinzi esitò, ma sentita la storia che Mariedda raccontava, decise di aiutarla e avvolse egli stesso le pelli intorno ai suoi piedi.
"Và in buon'ora", le disse, "a confondere l'orco penserò io".

Così Mariedda, dopo aver camminato a lungo, giunse infine a Thelevai dove viveva ancora una vecchia zia della mamma, che la tenne con sè. Diversa fu invece la sorte di Brinzi.
Quando l'orco, fiutando a destra e a manca, giunse davanti alla sua casa, chiese subito dove si trovasse Mariedda. Brinzi gli indicò la strada opposta a quella che aveva preso la ragazza: l'orco vi si diresse, ma dopo un centinaio di metri si fermò. Fiutò in tutte le direzioni, ma di Mariedda non si sentiva più l'odore. Irritato, tornò verso la casa di Brinzi: "TU MI INGANNI!", urlò, "Mariedda non è andata in quella direzione!".
"Può darsi che sia tornata indietro e abbia preso un'altra strada".
L'orco tentò un'altra direzione, ma dopo pochi minuti era di nuovo da Brinzi. "TU MI INGANNI!", ripetè minaccioso, "Mariedda non è passata di là, forse la tieni nascosta in casa".
"Accomodati pure e guarda dappertutto", fece Brinzi senza sollevare lo sguardo dalle pelli che conciava.

L'orco entrò nella casupola, frugò ovunque, perfino dentro il forno, ma di Mariedda non trovò traccia, allora, sentendosi ingannato, fu preso da un gran furore. 
"Ti sei preso gioco di me, la pagherai cara!".
Così dicendo si avventò sul povero Brinzi il quale, in un batter d'occhio, si trovò legato mani e piedi. 
"In mancanza di Mariedda mi accontenterò di te", andava dicendo mentre lo trascinava verso una 'nurra' (rupe) ove lo fece precipitare. 
Così scomparve il povero Brinzi, ma il suo nome non è scomparso, perchè ancora oggi quel luogo si chiama 'Sa nurra 'è Brinzi'.