Quando San Giorgio, vescovo di Suelli, giunse nel territorio di Urzulei, era accompagnato nel suo viaggio da un frate il quale, apppena si accertò e vide che gli abitanti del paese erano venuti incontro al primate, se ne tornò verso Fonni donde era partito.Poichè pioveva a dirotto, il frate si riparò in una grotta sui monti tra Urzulei e Orgosolo.

Nella zona si trovava un pastore orgolese che pascolava il suo gregge in compagnia del figlio. Questo si esercitava nella mira con la fionda puntando sempre su bersagni diversi.
"Dove miro adesso", domandò al padre.
"Mira all'imboccatura della grotta", rispose il pastore che aveva visto il frate seduto là davanti.
Il figlio puntò e colpì nel segno e il frate stramazzò a terra morto.

Tempo dopo, passando con le pecore davanti alla grotta, il ragazzo udì una voce che diceva: "SENTENZIA....SENTENZIA....". Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Pensò di aver sognato ad occhi aperti e proseguì il suo cammino.

L'indomani, passando davanti alla grotta, udì nuovamente la voce che ripeteva: "SENTENZIA.... SENTENZIA...". Questa volta il ragazzo ebbe paura. La voce l'aveva udita in modo distinto, pareva provenire dalla grotta. Non ebbe il coraggio di entrare e se ne tornò mogio mogio all'ovile.
Nè parlò col padre e il giorno dopo andarono insieme a perlustrare l'antro, ma questo appariva deserto, disabitato da anni e vi regnava un silenzio di tomba. Dopo aver riflettuto a lungo, il padre si convinse che la grotta doveva essere abitata da spiriti o da qualche diavolo. Aveva sentito dire che spesso questi stavano a guardia di antichi tesori. La voce poteva essere il richiamo che sentivano soltanto le persone elette; perciò disse al figlio: "Domani vai ancora davanti alla grotta e se senti dire SENTENZIA, domanda : e auve?.

Quando il ragazzo ripassò col gregge davanti a "Sa rutta 'e su para" (La grotta del frate), udì ancora la voce misteriosa, si fece coraggio e domandò: "E auve?"
"A sas portas de Casteddu", (alle porte di Cagliari), si sentì rispondere.

Qualche mese dopo padre e figlio, essendo stati citati come testimoni per un processo, si diressero a Cagliari.

Dopo un paio di giorni di camino, stanchi e affamati si fermarono presso l'ovile di un pastore loro amico e lo trovarono morto. Era stato ammazzato qualche giorno prima. Si accostarono al gregge incustodito e presero due agnelli da arrostire lungo il percorso. Perchè non facessero troppo peso tagliarono loro la testa e li misero nella bisaccia, poi ripresero la via per Cagliari.

Lungo la strada incontrarono i gendarmi che cercavano un gregge rubato. Notando la bisaccia insanguinata vollero vedere cosa c'era dentro e vi trovarono la testa di un frate.

Accusati di aver commesso il delitto furono condotti in prigione. Quando si fece il processo furono condannati alla forca e la sentenza venne eseguita "A sas portas de Casteddu!".